Cerasoli, durante un nostro colloquio svoltosi a Milano, nell’accogliente Galleria Vitruvio, in occasione di una recente personale caldeggiata e presentata dall’indimenticabile Dino Buzzati, ebbe modo di esprimere la propria opinione a proposito delle cosiddette “istanze avanzate”, sia pure in relazione al momento artistico vero e proprio. Si parlava di forme di espressione, della confusione che regna nel campo pittoriùco, dei falsi profeti e degli anticipatori ermetici, della disonestà di cui si macchia che grida al miracolo di fronte all’assurdo e all’arbitrario e di chi non ha il coraggio di sconfessare i venditori di presunti messaggi.

Finalmente – già è proprio il caso di dire meglio tardi che mai – , la critica ha cominciato a rendere il dovuto riconoscimento anche a Ugo Cerasoli: e se è vero che i nostri debiti verso di lui non li abbiamo saldati che in piccole dosi, è anche vero – di contro – che l’incontro completo con il Solitario è in pieno svolgimento ed ha riconosciuto, di mostra in mostra, in queste ultime stagioni l’impegno e la profonda convinzione nella sua “nuova sintesi”.

Cerasoli è capace di tracciare un disegno veloce e limpido sul quale si riesce a cogliere una possibile quantità di luce e di colore netto. Certamente il pittore sa dare una trasposizione della varietà della natura in una strana luminosità, carica di colore liquido che ricostruisce, con nitida, lucida sostanza, un costone marino pieno di sole, un miscuglio di pesci, un fascio spinoso di cardi che s’arriccia fluido sul giallo. Quando Ugo Cerasoli riesce ad un duttile, netto movimento di spinti accordi cromatici, imbevuti della stessa intensa luce, compone con una sorta di nervosa vitalità.

Cerasoli che persegue un suo fine, e solo questo nell’arte sua di pittore, ha scelto la sorte del solitario camminatore.La sua è la strada assai lunga e tenace, e allo scoperto, d’una avventura che a non pochi dei suoi coetanei, marcianti in allegra e numerosa comitiva, deve apparire talmente pacifica e usuale da poterla somigliare a una delle tante docili scalcagnate del turista. Egli non vuol fare più di quel che sa di dover fare per essere alla pari con se stesso; e, per nulla prevenuto contro l’altrui pensare, è convinto che, non essendo unici il modo e il fine dell’arte, bisogna ammetterne i risultati diversi e opposti dai quali debbono necessariamente svilupparsi altri modi e fini nuovi.